Nella mia vita, non mi è mai piaciuto focalizzarmi troppo su una cosa, ero talmente affascinato dalle molteplici possibilità messe a disposizione dal creato, che volevo provare tutto, ne ero inebriato. Col tempo sono diventato un esperto nel cominciare senza finire, nel gettarmi a capofitto in diverse situazioni, senza venirne mai a capo, e per poi abbandonarle poco dopo: i miei sogni si infrangevano rovinosamente al suolo. Niente mi soddisfaceva, tutto mi annoiava, e quando le cose cominciavano a complicarsi, lasciavo perdere e ricominciavo qualcos’altro. Ma più cambiavo e più mi sentivo in squilibrio, più si accentuava questa sensazione di incompletezza, di inadeguatezza. Mi deprimevo e mi lasciavo andare, in preda alla disperazione e all’autocommiserazione, e intanto perdevo tutti i progressi fatti, era una spirale letale, un gorgo che mi voleva, a tutti i costi, risucchiare. Finché un giorno non presi in mano la situazione, ebbi una folgorazione. Prima di procedere dovevo capire quello che volevo dalla vita, dovevo ripercorrere a ritroso e comprendere i miei sbagli. Dovevo smettere di essere trascinato dalla corrente, riprendere il controllo. Allora cercai di andare contro la mia natura, di ripartire dalle fondamenta, di diventare ordinato, organizzato, metodico, scrupoloso, preciso. Cercai di forzarmi a fare le cose in maniera continuativa, di acquisire autodisciplina. Capii che la mia era paura di sbagliare, paura di fallire, di proseguire. Capii che non mi impegnavo abbastanza, che non avevo pazienza, non avevo perseveranza. Capii che quello che mi mancava, il requisito fondamentale per riuscire in ogni cosa, era la costanza. Capii che non dovevo andare a tutti i costi contro corrente, ma seguire il suo flusso dirompente, nuotando, invece che annaspando, intuendo dove stavo andando, e cercando, per quanto possibile, di trovare la mia direzione.