Li vedi passare
con la loro aria spavalda,
di chi per un nonnulla già si scalda.
Scimmiottano i trapper,
si atteggiano da gangster,
ma, in realtà, gli ci vorrebbe la babysitter.
È il gap generazionale.
Non capisci subito
l’età che gli puoi dare,
lo intuisci solo dalle loro espressioni gergali
con cui si continuano ad apostrofare:
il livello culturale da scuola elementare.
Una cosa però la capisci al volo,
che con loro non hai niente a che spartire,
anzi, avresti solo da ridire.
È il gap generazionale.
Non ce niente da fare,
non sono tuo fra,
non mi piace la trap.
Quando senti cosa ascoltano,
ti vengono i conati di vomito.
È il gap generazionale.
Quando ti danno del lei,
ti fa impressione,
ti viene il magone.
Vedi degli alunni uscire dalle scuole,
se ti scambiano per il professore
è ora che cominci a pensare alla pensione.
È il gap generazionale.
Ti prende male,
ti guardi allo specchio
e ti senti sempre più vecchio.
Vedi capelli bianchi,
a fare le scale già ti stanchi.
Sei pieno di acciacchi,
assomigli sempre più a tuo zio,
Sembra ieri che eri irriverente come loro,
imprecavi contro tutto il mondo e contro dio.
Oggi ti danno del matusa,
dicono che hai una mentalità chiusa.
Ieri eri l’anima della festa,
oggi, se alzi troppo il gomito,
prendi l’oki task per il mal di testa.
Ieri facevi la brava nottata,
oggi ti addormenti sul divano,
aspettando il film in prima serata.
Ieri urlavi barcollando per i palazzi,
oggi ti incazzi, se di notte senti degli schiamazzi.
E pensare che eri come loro,
non ti importava di niente e di nessuno.
È il gap generazionale.
Quando cominci a pensare
che come mentalità sei più vicino a tuo padre.
Non riesci a più a immedesimarti
con loro, riesci solo a inalberarti.
C’è un abisso che non riesci a colmare,
anche se ti senti giovane,
è ora che cominci a pensare
a dove farti tumulare.