La ressa sul bus

È piena estate,
un afoso giorno.
Stai uscendo dal lavoro,
sei stanco morto
come al solito.
Sei appiedato
e ti è pure capitato
di dover stare in piedi
in equilibrio precario
sul bus di ritorno.
Ma quello che è peggio
è che devi stare pigiato
come una sardina nella rete,
in mezzo a un fottio di gente.
Ti capita puntualmente
il bus gonfio fino all’orlo,
che neanche in india.
C’è chi spinge
e chi ti starnutisce addosso.
Chi ti pesta i piedi
e chi ti si aggrappa ai capelli.
A ogni fermata
l’autista, sadicamente,
fa entrare altra gente ignara
del pericolo imminente.
A ogni frenata
rischi l’incidente diplomatico.
Se stai chinato, poi,
rischi di finire inchiappettato.
Ma ciò che è peggio
è che sei circondato
da un fottio
di ascelle sudate.
Maglie pezzate
pressate contro
la tua faccia.
Che fragranza selvatica!
È come fare una sauna.
È una disgrazia,
una congiura,
una sciagura.
Con questa calura
sto per svenire,
non tanto per il caldo
che mi sta soffocando,
ma per l’aroma
che mi sta circondando.
Non è cipolla,
ma mi ha fatto
piangere ugualmente
come una fanciulla
alla prima sbucciatura.