Vagando per le arterie pulsanti, inali le esalazioni fetenti, avverti le raffiche assordanti. Senti il peso dell’inciviltà opprimente, del grigiore dilagante, nelle menti asservite dei benpensanti: orde fameliche d’utilitaristica depravazione, riflusso d’un habitat esasperato, da genie parassitarie incautamente prosciugato. Agghindati di spavaldo sfarzo, banchettano delle ceneri d’un mondo ormai riarso.
Districandoti nel labirinto urbano, avverti l’aridità degli edifici, espressione calzante della lottizzazione aberrante: artifici di cemento sterile, austeri conventi di ipocrisia, trionfali santuari inneggianti all’umana ingordigia, monumentali alveari di perbenistica oppressione; grotteschi testimoni di barbara usurpazione: cadenti, angusti, spogli, morti. L’Espletazione della quotidiana putrificazione.
Passo dopo passo percepisci il marciume, che, dalle fondamenta, si insinua fin dentro l’anima sgomenta: estirpando le ali della creatività, stroncando gli zoccoli della galoppante felicità. Flebili stralci di fantasia, agonizzanti, vengon ora trascinati via; non resta che
il fetido lezzo del miasma…
La Gelida Morsa del Marasma