Quando te ne sei andata

Quando te ne sei andata,
quando sei sparita dalla mia vita, 
mi sono chiuso a doppia mandata; 
di te mi è rimasta impressa l’immagine 
indelebile nella mia memoria labile. 
 
A dire il vero, i primi tempi 
non mi sono neanche accorto 
di averti perso per sempre, 
anzi ho provato un senso di liberazione, 
era sparito quel peso opprimente; 
poi ho provato un senso di smarrimento,
come se avessi perso l’orientamento,
e più passavano gli attimi
e più diventavano interminabili. 
 
È stato straziante, a tratti delirante, 
sapere di non poterti più parlare, 
di non poterti più tenere vicina,
e di non poterti più guardare la mattina,
quando mi svegliavo accanto a te. 
 
Di non poterti più parlare 
neanche per scherzare, 
neanche solo per sapere come va, 
mi ha fatto sentire un vuoto incolmabile, 
mi ha segnato in modo indicibile, 
mi ha complicato in modo indecifrabile.
Mi ha fatto sentire trasparente,
come se tutto mi passasse attraverso, 
come se tutti potessero guardarmi dentro. 
 
All’inizio ti ho maledetta, ma poi è passato, 
volevo solo dimenticare, volevo solo evitare 
di incrociare il tuo sguardo per doverti spiegare, 
per dovermi giustificare, neanche io so di cosa, 
per non doverti guardare, mano nel mano, con un altro. 
 
Dopo di te non sono più riuscito a fidarmi, 
non sono più riuscito a decidermi, 
non ci volevo più ricascare, non volevo più 
che qualcuno si potesse approfittare, 
non volevo più soffrire, non mi compatire. 
 
Ma alla fine ho capito che non era colpa di nessuno,
che le cose sono andate come dovevano andare, 
che la vita continua, che è stato meglio così
che aver insistito per non poter più rimediare; 
che è stato meglio lasciarsi andare, 
per non doversi odiare tutto il resto della vita.