Sfortunato è un eufemismo

Sono talmente iellato
che paperino, al confronto,
diventa rosso paonazzo dall’imbarazzo.
Sono talmente sfigato
che un gatto nero quando mi incontra,
cambia strada e si tocca.
La scala se mi avvicino si chiude da sola.
Lo specchio non riflette la mia immagine
per paura d’infrangersi.
Non sono un vampiro,
vivo solamente in un continuo delirio.
Non so se sia un anatema di sventura,
o un malocchio di qualche fattucchiera.
Forse sono semplicemente nato scarognato,
il fato con me è sempre stato ingrato.
Non basta nessun gesto scaramantico.
Quando non mi va bene niente,
vorrei solo imprecare contro l’onnipotente.
Non è vittimismo, ma sfortunato,
nel mio caso, è un eufemismo.
Con me non servono né corna né zampe di coniglio.
Mi servirebbe solo un consiglio,
o magari un esorcismo,
forse converrebbe
fare il cammino di Santiago
in verticale su una mano.
O andare direttamente
al Lourdes in pensione completa,
formula all inclusive,
con assoluzione incorporata.
Fare qualche bracciata
in una piscina di acqua santa,
o fare qualche penitenza,
facendomi crocifiggere in sala mensa.