Quel giovedì del tutto può accadere

Mi alzo senza guardare l’ora,
mi sento svogliato, annoiato e stanco,
sembra un giorno infrasettimanale come un altro.
Dal nulla, però, una bizzarra idea mi sfiora:
“E se invece oggi fosse tutt’altro?”
Pesco a caso dal cesto dei panni sporchi,
me li infilo storti, ed esco.
Non ho un piano in mente,
ho solo voglia di evasione,
ho solo bisogno di un espediente.
Mi siedo a un bar per fare colazione,
si presenta il cameriere,
con fare brusco e svogliato:
“Cosa prendi?”
Mi sento frastornato, ovattato, rispondo:
“Buongiorno, vorrei un caffè corretto con Utopia.”
“Non lo abbiamo, mi dispiace, allora cos’altro prendi?”
“No, a me dispiace, con il resto
ho chiuso, da questo mattino ho smesso,
sono, ufficialmente, fuori dal giro.”
Mi alzo, faccio un profondo respiro
e me ne vado, senza salutare.
Salgo in macchina,
comincio girovagare senza meta,
fermo ogni passante,
per chiedere un indicazione:
“Scusi, dov’è Via della Redenzione?
E Corso di Sopravvivenza?
E Piazza dei Pazzi?”
Ringrazio e prendo un altra direzione.
Perdermi sembra l’unica soluzione.
Per ritrovare la mia salute mentale,
dovrò ancora a lungo vacillare.
Incontro una rotatoria,
continuo a girare in tondo
finché non mi viene da vomitare.
“Sono nauseato da questo mondo,
dal modo di pensare stantio della gente.
Sono affamato di cambiamento,
in questo mondo inappetente…”
Incolonnato a un semaforo, penso:
“Mi sento bloccato, intrappolato
in questa prigione di carne e dolore.”
Scatta il verde, rimango immobile
a prendere gli insulti della gente,
sto per scoppiare, non so più che fare.
Al culmine del giallo, do una potente sgasata,
alzo il dito medio, sgommo,
faccio una isterica risata
e lascio tutti senza fiato.
Continuo, mi trovo su un rettilineo
che non sembra mai finire,
comincio a singhiozzare,
affondo il piede sul pedale del gas,
lascio il volante e chiudo gli occhi…
“È l’unica soluzione, forse andrò in un posto migliore.
Non riesco proprio a trovare altri sbocchi.”
La velocità aumenta vertiginosamente,
la macchina si avvicina al ciglio, pericolosamente.
“Meglio una vita che non mi appartiene o il niente?”
All’improvviso un epifania,
un fulmine mi attraversa il cervello;
inchiodo, riprendo il controllo
mi fermo a un soffio dal tracollo.
Esco dall’auto, c’è una cabina,
compongo un numero a caso,
gli racconto della mia vita,
dei miei problemi, dei miei pensieri,
mi dice:”Ha sbagliato numero, chi cerca?”
Rispondo:”Cerco solamente una via d’uscita,
non so se la troverò in questa o nella prossima vita,
ma ho capito finalmente, non ho niente che non va,
semplicemente, ho solo sbagliato pianeta…”