Sono indeciso ma cercherò di essere conciso.
Non sto bene ma neanche male.
Avermi come paziente non è un affare.
Ti prego di non essere indifferente,
Dottore, riesci a capire cosa ho
guardandomi solo in viso?
Ti prego usa il tuo intuito,
il mio è un malessere diffuso.
Tengo una lista di malanni da presentarti.
So che anche questa volta vorrai liquidarmi,
ma io non so più a che santo votarmi.
Capisci quello che sento e quello che provo?
Questo stato di malessere intervallato.
Mi sento marchiato da una maledizione.
Guarisco in un senso e sto peggio nell’altro.
Prescrivimi ancora un’altra pasticca,
tanto non tengo più il conto,
ogni effetto collaterale lo conosco.
Sono parecchio reticente,
ma non prendere niente mi sembra un affronto.
Col me stesso di ieri devo sempre fare il confronto
per capire come sto, se meglio o peggio.
Non leggo neanche più il foglietto illustrativo,
ma mischiare tutto mi sembra autodistruttivo.
Lo guardo come si guarda un quadro astratto,
cercando di capire il motivo nascosto,
leggendo tra le righe.
Caro Dottore non le auguro mai di stare
piegato a metà come sto io adesso.
Saranno gli acciacchi dell’età,
ma a me succede troppo spesso.
Leggendo tra le mie rughe,
non riesci a intuire una diagnosi?
La mia espressione ritorta,
la mia posa contorta,
non ti suggeriscono nessun malore?
La mia smorfia di dolore
non ti suggerisce nessun nome?
Dottore, ti prego, chiama un dottore!
Il mio è vero malore, non è un invenzione.
Ci vorrebbe qualcuno come Dr. House,
ma scomodarlo non mi sembra il caso,
per così poco o, forse, anche per lui è troppo.
Non sto bene ma neanche male
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