Beverdì

Oltremodo atteso
da ogni lavoratore
è il famigerato beverdì.
Che non è santo,
ma ugualmente venerato
da qualsiasi beone
che si rispetti.
Questo giorno fatidico
viene consacrato,
da che mondo è mondo,
all’autodistruzione,
alla personale crocifissione.
Viene sperperato
in nome della perdizione.
Dopo tutti questi anni
il mio fegato è in sciopero,
e avrebbe perfettamente ragione,
ma io non ho torto.
Ogni volta me lo riprometto
di stare molto attento,
ma vado ugualmente
a dormire storto.
Dopo una estenuante settimana,
mi dedico alla ricerca del nirvana.
Che ci vuoi fare,
sono un tipo acculturato,
ma non morigerato.
Non mi fermo alla terza media.
Di certo poi non morirò d’inedia.
Quando bevo m’ingozzo
anche come un porco,
con il risultato che il giorno dopo
ho frotte di sensi di colpa
che non mi danno tregua.
E la bilancia non è ingenua.
Per fortuna che quando faccio serata
non incontro mai il dietologo,
altrimenti mi farebbe pagare il doppio.
Sono un caso disperato,
sono un avvinazzato.
Per fortuna almeno bere
non costituisce reato
finché non sei alla guida,
altrimenti sarei a vita carcerato.
È il mio punto debole.
È il mio tallone d’Achille.
Quando faccio il pieno,
faccio i mostri, faccio scintille.
Ho dei vuoti di memoria da paura,
ma per fortuna ci sono le foto
incriminate a ricordarmi
i miei misfatti, le rimastate
e le figure di merda
della sera precedente.
Il day vì after ti svegli
con la bocca impastata
e un alito tipo fogne di Calcutta.
Hai la testa che ti dole e ti pulsa,
Ma basta un bicchiere di limone e acqua,
una bustina di oki, e tutto passa.
Alla fin fine è solo beverdì
e non conta per la fedina.
Tutto quello che accade,
come per magia scompare
l’indomani mattina.