C’ho la prescia!

Quando me pia,
è meglio che me stai lontano.
È meglio che stacchi il telefono,
altrimenti te tempesto.
In quel momento,
anche io me detesto.
Pare che c’ho il pepe al culo.
Me metto fretta da solo.
Se me parli, te imprescio,
manco fossi un beccamorto.
Divento ansioso un botto.

Te tacco un bottone,
te indottrino,
manco fosse
l’ora di religione.
Te comincio un sermone,
manco fossi, di Geova, un testimone.
Te tacco il pippone.
Te faccio andà fuori di melone.
Te faccio sbroccà,
te faccio dà da matto.
Te tengo sotto scacco.

Te disturbo.
Te perseguito.
Te metto fretta.
Te tacco la prescia.
È contagiosa,
stai attento.
Basta stamme vicino.
È l’ansia basale de prossimità.
Te faccio penà.

Quando me capita,
non ho molte possibilità
per farla passà,
se non damme na bottigliata in testa,
e svenire tramortito.
Anche se ogni volta,
chissà perché, me sveglio
leggermente intontito.

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