Voglio fuggire verso lidi lontani,
intraprendere itinerari straordinari.
Partire alla scoperta del mondo,
senza fare mai più ritorno.
Non voglio restare qui ancora un minuto.
Mi sento un cane rinchiuso in gabbia,
mi sembra di avere la rabbia.
Voglio fuggire non dai problemi,
bensì dalla routine e dagli schemi,
che mi intrappolano e mi stanno stretti,
che mi spappolano i cosiddetti.
Voglio solcare sterminati oceani.
Scalare impervie montagne.
Attraversare docili campagne.
Accarezzare distese di grano dorate.
Esplorare foreste lussureggianti.
Perdermi nei deserti roventi.
Ritrovarmi negli immensi silenzi.
Voglio vivere ogni attimo a pieno.
Tramutare ogni giorno cupo in sereno.
Zaino a spalla ammirare l’alba.
Conoscere gente in gamba.
Vedere facce nuove.
Imparare lezioni preziose.
Voglio espandere i miei orizzonti.
Immergermi nei tramonti.
Girovagare nei posti più reconditi.
Voglio cogliere tutti i frutti dei posti,
spremere la loro linfa vitale.
Vagabondare dai poli all’equatore,
assaporare la loro varietà,
di ogni luogo, il suo splendore.
Carpirne l’unicità.
Voglio giungere a ogni capolinea,
voglio fermarmi a ogni stazione,
e, se ne avrò ancora la forza,
spingermi oltre, finché le mie membra
avranno energia interiore sufficiente.
Finché la mente sarà lucida.
Finché mi guiderà il cuore.
E quando non ne avrò più per niente,
neanche una stilla, solo allora,
andrò verso la luce serenamente.
Voglio essere sepolto
sotto a un giovane tronco,
fare da concime per una pianta.
O essere disperso in aria,
dalla cima di una montagna.
Così che dalle mie ceneri
sgorghi nuova vita.
Tornando al punto di partenza
e così chiudendo il cerchio.
Queste sono le mie ultime volontà.
Questo è il mio testamento.